La Chiesa di San Giorgio, posta tra la parte alta e la parte bassa della città, in posizione scenografica con il prospetto rivolto verso occidente è l’architettura più imponente della città e di tutta la Sicilia sud-orientale. La singolarità dell’opera, oltre alla sua intrinseca bellezza, è data dalla sua collocazione urbanistica, al centro di una città costruita a ripiani irregolari collegati da scalinate e salite tortuose con ampi spazi che, ancora nel Settecento, dovevano essere destinati a giardini e orti terrazzati. La fisionomia attuale della chiesa è il risultato di più secoli di trasformazioni, integrazioni e completamenti con gli interventi più consistenti che si situano tra il XVII e il XIX secolo. La prima fonte che parla dell’esistenza della chiesa è una bolla pontificia dal 1150 di papa Eugenio III con la quale la chiesa veniva posta sotto la tutela del Monastero di Mileto in Calabria. Secondo la tradizione la chiesa fu fondata dal Conte Ruggero e, in ricordo di tale avvenimento, all’interno, sopra il portale principale è esposta l’armatura del Conte Ruggero d’Altavilla, il condottiero dei Normanni e il leggendario fondatore di San Giorgio.
Nel 1643 il cedimento di un pilastro del transetto e la preoccupazione del crollo degli archi vicini porta a un radicale intervento nella chiesa. Dopo aver consultato vari architetti ed “esperti di fabrica” provenienti da varie città del Regno, fu deciso di sfabricare il precedente edificio e di dare l’incarico per un nuovo “modello” e “pianta” a Frate Marcello da Palermo dei Minori Riformati di San Francesco. Molto probabilmente non si trattò di una ricostruzione totale ma di una trasformazione. Tra l’altro il grande polittico che Bernardino Niger aveva realizzato nel 1573, posto nella parete di fondo dell’abside della navata centrale è da citare come punto di riferimento della precedente struttura delle chiesa e, infatti, condizionò i successivi progetti di ristrutturazione.
Nel 1660 lo storico Rocco Pirri fornisce informazioni sulla chiesa citandola come la più antica e la più celebre della Contea di
Modica. Contava, all’epoca, 13.000 anime e aveva settanta sacerdoti tra canonici e cappellani.
Il Pirri ricorda che non era “seconda” ad altre chiese siciliane per dipinti e simulacri, si trovavano al suo interno “superbissimas iconas”, una grande arca d’argento e un bellissimo tabernacolo. Il Pirri ricorda anche il contributo economico determinante dei Conti di
Modica per la ricostruzione dell’edificio.
Molto poco ci resta di quel momento storico compreso tra la ricostruzione del 1643 e il terremoto del 1693. Solo alcune opere si datano tra il XVI e il XVII secolo: oltre al polittico di Bernardino Niger (1573), alla tela dell’Assunta del pittore toscano Filippo Paladini datata 1610 e a un’opera del Cicalesius, vanno menzionate La Madonna della Neve, una scultura rinascimentale in marmo, uno stemma ligneo dipinto con il tema di San Giorgio e il Drago datato 1576, una tela secentesca anonima raffigurante una Deposizione conservata in sacrestia e due sarcofagi del Seicento conservati nel transetto e realizzati secondo la tecnica di lavorazione a marmi mischi che formano motivi poligonali, tecnica molto utilizzata nel XVII secolo.
Il sisma del 1693 intacca l’edificio danneggiando molte strutture, sono molte le relazioni sui danni subiti dalla chiesa redatte da vari capimastri.
Polittico
Il Polittico occupa tutta la parete di fondo dell’abside. Attribuito, inizialmente, all’Alibrandi, un pittore dei primi del Cinquecento, fu, in seguito a un restauro dell’opera, attribuito a Bernardino Niger, un pittore, forse di origine greca, attivo a
Catania,
Caltagirone e
Modica. Un artista che recupera tradizioni pittoriche di un certo accademismo classicista di derivazione messinese.
IL Polittico ha un’ampia impostazione e retablo di origine spagnola e non devono stupire questi riferimenti all’arte spagnola presenti a
Modica capitale della Contea.
E’ il più grande polittico di tradizione medievale-rinascimentale presente in Sicilia se si fa eccezione di quello marmoreo del Gagini nella Cattedrale di Palermo, andato perduto. Date le dimensioni dell’opera si può dedurre che, anche la chiesa del Seicento doveva avere un grande sviluppo così da dare respiro a questa imponente opera pittorica.
Il Polittico è composto da nove riquadri più il lunettone, sulla sommità, dove è rappresentato Dio Padre. I nove riquadri sono disposti in tre ordini. Nel primo ordine dal basso sono rappresentati San Giorgio e San Martino, i due Santi Cavalieri e Guerrieri, che hanno una devozione particolarmente viva in tutta la Contea di
Modica.
Nel secondo ordine vengono rappresentati i Misteri Gaudiosi e nel terzo i Misteri Gloriosi. Elegante ed estremamente ricca è l’ampia cornice in legno scolpito e dorato con elementi manieristici.
L'Assunta di Filippo Paladini
Una delle opere più significative della Chiesa di San Giorgio è sicuramente la tela raffigurante l’Assunta dipinta dal pittore toscano Filippo Paladini, un’opera datata 1610. Il Paladini è uno dei maggiori esponenti della pittura italiana che opera all’interno del manierismo con echi caravaggeschi. Filippo Paladini subisce la stessa sorte di Michelangelo Merisi da Caravaggio poiché, a causa di un guaio con la giustizia, si reca a Malta protettorato appartenente al Sovrano Ordine Cavalleresco e Ospedaliero di San Giovanni di Malta. In Sicilia si conoscono opere dell’artista a
Vizzini,
Palermo,
Enna,
Caltanissetta.
Dopo aver trascorso un periodo in territorio maltese ritorna il Sicilia e muore, nel 1614, a Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, ospite dei signori Branciforte, proprietari di un vasto feudo.
Il dipinto si sviluppa secondo due registri: uno che si svolge secondo un asse orizzontale, l’altro secondo un asse verticale ascendente. In basso, intorno al sarcofago vuoto si trovano gli apostoli con lo sguardo rivolto al cielo; in alto circondata da nubi e da putti, l’Assunta rappresentata con un movimento spiraliforme che contraddistingue molte opere dell’artista così come una cifra stilistica personale è l’uso di colori tenui ma lividi. In basso a sinistra un ritratto che, probabilmente, raffigura il committente dell’opera. Il dinamismo interno del dipinto è intenso ma contenuto nell’espressione esterna. Il dipinto è di impronta classicistica per l’equilibrio formale degli elementi. Paladini può aver avuto una conoscenza diretta del Caravaggio probabilmente tra il 1608 e il 1610, durante un breve soggiorno del Merisi in Sicilia prima della partenza per Napoli.
Un’opera di notevole pregio del 1700 è un’ostensorio firmato dal Filippo Iuvarra, il maestro delle future aristocratiche architetture torinesi, ancora giovane orafo attivo nella bottega del padre. Juvarra concepì un disco nel quale a sbalzo si irradia una serie circolare di spighe stilizzate, al posto del più diffuso esplodere di raggi.
Facciata
A partire dal 1716 cominciarono i lavori per la ricostruzione della facciata di San Giorgio. Un illuminante documento riguardante la controversia tra l’architetto Francesco Paolo Labisi di Noto e il tesoriere della fabbrica Francesco Gaetano Basile del 1761 è stato utile agli storici per riformulare il problema attributivo della facciata, in precedenza, pressoché unanimemente, attribuita a Rosario Gagliardi, il più conosciuto architetto del Val di Noto e la personalità che impresse una vera e propria svolta all’Architettura Tardo Barocca in provincia di Ragusa e Siracusa. Analizzando il documento i dati che emergono dimostrano che, innanzitutto, il nuovo prospetto della chiesa inizia nel 1761 e non prima; che furono invitati per la redazione del progetto diversi architetti e tra questi Francesco Paolo Labisi e già questo è sufficiente a dare alcune risposte ad alcuni interrogativi che la storiografia architettonica aveva spesso posto. Costante, infatti, era stata la relazione posta tra la facciata della Chiesa di San Giorgio di
Modica e quella omonima di Ragusa, e, avendo una data certa per quest’ultima, il 1744 e l’autore certo, Rosario Gagliardi si era sempre posto il problema della primogenitura e dell’attribuzione della facciata di San Giorgio di
Modica.
Allo stato attuale delle ricerche il primo ordine della facciata fu realizzato seguendo il progetto di Paolo Labisi a partire dal 1761 (è interessante a tal proposito notare come, per la progettazione, di una importante facciata, si indisse un vero e proprio concorso di idee per scegliere il progetto più valido e suggestivo). Il Labisi è un artista dotto che coniuga il classicismo plastico gagliardiano con una decorazione rococò espressa nella frantumazione della massa muraria e nella decorazione molto più capricciosa. Qualcuno ha parlato, riferendosi alla facciata di San Giorgio di un merletto sofisticato e prezioso che il tempo non è ancora riuscito a sgranare.
La facciata fu completata nel 1848 e la data finale si legge in un cartiglio sopra il terzo ordine, dunque, il secondo e il terzo ordine potrebbero essere collocati tra il terzo e il quinto decennio dell’Ottocento e potrebbero essere stati progettati da Carmelo Cultraro uno dei protagonisti dell’architettura iblea di questi decenni.
Lo spazio antistante San Giorgio doveva avere, nel ‘700, una diversa sistemazione con terrazze naturali, orti e gradini che sono stati trasformati nell’Ottocento. L’attuale scalinata è parte integrante dello spazio scenografico di San Giorgio e venne progettata tra il 1874-75 dall’architetto Alessandro Iudica Cappellani con l’intento di collegare la città posta in alto. Lungo i fianchi della collina, e la città bassa e richiama la scenografica impostazione dellla romana Trinità dei Monti.
Con i lavori di sistemazione esterna e le decorazioni interne tra fine Ottocento e primi del Novecento si chiude la vicenda artistica della Chiesa Madre di San Giorgio, una vicenda complessa che, se storicamente parte dal Medioevo, nella attuale fisionomia si organizza tra il secolo XVI e il nostro secolo.
Le valutazioni degli storici dell’architettura sull’edificio sono state concordemente molto positive e il San Giorgio di
Modica è annoverato tra le più significative opere del barocco europeo. La ricerca archivistica ha pazientemente ricostruito, negli ultimi anni, l’immagine di una cultura meridionale non chiusa e periferica ma aperta e dialogante con i più importanti centri della cultura europea. La Kramer e, successivamente, gli studi di Marco Rosario Nobile hanno evidenziato il rapporto tra la Chiesa Madre di Dresda, ad esempio, a la Chiesa di San Giorgio e sono state individuate le relazione tra l’architettura europea di regioni come Germania, Baviera e Austria e la Sicilia sud-orientale.