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  Piazza Armerina - Palio dei Normanni
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Piazza Armerina - Palio dei Normanni

Non si può comprendere la storia di Piazza Armerina oggi se non si conosce quella di ieri, perché la storia è l’anima di questa città.
Non si può parlare del Palio dei Normanni senza raccontare il passato, l’anima di questa città si lega alla storia di popoli conquistatori e di popoli conquistati, di diverse etnie, di eroi impressi nella memoria quasi fossero nostri contemporanei, uomini straordinari o forse uomini comuni, ma capaci di cambiare il corso della storia.
E ancora non si può parlare del Palio dei Normanni senza sottolineare che esso rappresenta l’esempio vivente della religiosità di una città, che attraverso la secolare devozione alla Madonna, ha saputo incarnare nel Palio, storia, tradizione e cultura.
Il Vessillo papale, l’originale premio che viene assegnato al quartiere vittorioso infatti, è dedicato alla Regina della Città che da secoli è la Madonna.
Il Palio dei Normanni è tra le più antiche manifestazioni medioevali in costume del meridione d’Italia, con questo nome e in questa veste dal 1952, poiché nei secoli precedenti era “La Cavalcata”, nasce appunto per rendere omaggio alla Madonna protettrice della città medioevale.
Una festa religiosa, dunque, che trae spunto dalla guerra santa di liberazione che i Normanni del Conte Ruggero d’Altavilla sin dal 1061 combatterono contro gli infedeli arabi che occupavano la Sicilia da circa 150 anni. E' difficile attribuire una data precisa ed inequivocabile a un origine per la festa del Palio, anche se si può risalire a due importanti avvenimenti:

Il Primo, nel 1091 a guerra finita intanto che il conte Ruggero stabiliva la capitale a Mileto, affidava in custodia alle migliori truppe normanne, le gallo-italiche o lombarde il sacro Vessillo donato da papa Alessandro II, Vessillo che lo aveva condotto nel corso della trentennale “crociata o guerra Santa” per il ripristino della cristianità in Sicilia di vittoria in vittoria.

- Per il Secondo, infatti, arriviamo inevitabilmente all’anno 1348 quando la Beata Vergine apparve in sogno al pio sacerdote Giovanni Candilia rivelandogli il luogo dove 187 anni prima (1161) i piazzesi custodi del Vessillo pontificio, nell’imminenza del pericolo della distruzione della città e dei casali lombardi, per opera del Re Guglielmo il Malo, rei di avere cospirato all’autorità del re, per la compiacente politica filo saracena di quest’ultimo, onde evitare che il Vessillo venisse ingiuriato dagli infedeli o cadesse in mano al Re che lo voleva portare a Palermo, lo rinchiusero in tutto segreto, in un arca di cipresso e lo seppellirono nell’interno della badia fortificata, sull’eremo di Santa Maria di contrada piazza Vecchia, accanto al cosiddetto “Castello del conte Ruggero”.
Con il rinvenimento del Vessillo e il suo trasferimento in città, Piazza che in quell’anno era anch’essa colpita dal morbo pestilenziale (lo stesso di cui parla il poeta Giovanni Boccaccio nella sua opera, Il Decamerone) si vide miracolosamente liberata dal flagello; interpretando l’avvenimento come un segno con il quale la “Vergine” riconfermava la sua predilezione per la città, per cui i piazzesi iniziarono a dare vita alle celebrazioni con il triduo della festa di Maggio, nella ricorrenza del rinvenimento del Vessillo, mentre il 15 agosto i riti per la festa della acclamata Protettrice e Patrona. Questi due avvenimenti segneranno per i secoli futuri la vita sociale, culturale e religiosa della città.
Il culto piazzese della Vergine Maria, protettrice della città, soppianta il culto di San Martino, santo caro ai normanni a cui i piazzesi per devozione particolare avevano dedicato la prima chiesa madre nell’anno 1163, allorquando veniva riedificata la città nella pendice occidentale del Monte Mira, l’attuale quartiere Monte. Malgrado le altalenanti vicende politiche di Sicilia, le epidemie, le carestie del sec. XIV che coinvolgono e investano la città, la festa del ritrovamento del Vessillo dei primi tre giorni di maggio e una consuetudine ben radicata.

Nel 1421 il Vescovo di Catania con bolla ordinava d’esser celebrati come risulta dalle relazioni dei sacerdoti del 1622 e del 1660, che si conservano nell’archivio del duomo. All’inizio del quindicesimo secolo, le celebrazioni della festa di mezz’agosto a Maria Santissima delle Vittorie rappresentano un grande evento, una festa religiosa che oltre a coinvolgere tutta la città, coinvolgeva i paesi vicini e che non cesserà praticamente mai di essere celebrata, con forme varie e con varie partecipazioni anno dopo anno.
Nei secoli che seguirono alle solenni feste religiose alla patrona, si aggiunsero manifestazioni pubbliche, tant’è che si è a conoscenza che tra la fine del sec. XVII e l’inizio del sec. XVIII le dodici Confraternite presenti in città, impegnando nell’organizzazione tutta la comunità piazzese, sia i nobili che il popolo (così come risulta in diversi manoscritti che si conservavano presso l’antica chiesa madre di San Martino), in occasione dei classici festeggiamenti in onore a “Maria Santissima delle Vittorie” introducono l’uso di rievocare, di rendere presente il passato.

Riportando alla memoria le memorabili imprese del conte Ruggero, si diede vita a una “Cavalcata” commemorativa della conquista normanna, un corteo storico di milizie normanne che entravano in città liberando la popolazione cristiana dal giogo dei saraceni; dove i Rettori delle Confraternite avvicendandosi ogni anno, rappresentavano il Conte a cavallo con il glorioso Vessillo papale di Maria Santissima delle Vittorie.
Nei primi anni del 1900 la Cavalcata che aveva svolgimento ogni cinque anni, il 14 agosto, veniva rivisitata e corretta introducendo l’uso di indossare costumi e armature medioevali, (nei secoli precedenti le Confraternite avevano partecipato indossando frac e cilindro).

Nel 1932 La Cavalcata venne arricchita con una imponente corsa rettilinea di cavalli, che si svolse in contrada Scarante il cui arrivo era posto in contrada Costantino, nei pressi della Villa Arena, fuori il perimetro urbano cittadino.
Con la soppressione delle Confraternite e subito dopo la guerra, nel 1952, prendendo origine dagli antichi tornei cavallereschi che si trasformarono poi in giochi popolari, alla Cavalcata tradizionale, si aggiunse l’avvincente e stimolante torneo cavalleresco “La quintana del Saracino”, un torneo equestre che rievocasse la lotta dei cavalieri rappresentanti dei quartieri di Plutia contro l’invasore arabo in onore del conte Ruggero.
Alle Confraternite che sino a quel momento avevano rappresentato le singole realtà parrocchiali, seppure territorialmente corrispondenti nei secoli con i borghi prima e i quartieri dopo, subentrarono i Quartieri medioevali in cui era divisa la città, Monte, Castellina, Canali e Casalotto ad eccezione del quartiere San Giovanni che stranamente nella nuova rivisitazione della Cavalcata, dal 1952 “Palio dei Normanni”, non veniva inserito nella storica kermesse. In questa cornice religiosa, il Palio dei Normanni, quello attuale si svolgIl giorno 12 di agosto, si snoda un corteo in costume per le vie della città, nel quale il Gran Maestro (l'autorità massima del tempo nel governio della città), reca una lampada votiva alla immagine della Madonna delle Vittorie, patrona di Piazza Armerina, che si trova nella Cattedrale. Nel orso della funzione religiosa che si svolge in chiesa, vengono benedetti i cavalieri delle antiche contrade della città, Canali, Casalotto, Castellina e Monte, che il giorno 14 parteciperanno alla Giostra o Quintana.
Il giorno 13, dal centro dei quattro quartieri si dipartono quattro cortei composti da figuranti in costume, che si dirigono al piazzale antistante la Cattedrale, dove avverrà l'incontro con il Conte Ruggero. Fra squilli di trombe e rullo di tamburi, si ha l'ingresso trionfale del Conte Ruggero, al comando delle sue truppe. Quì il Conte riceve l'omaggio del Gran Magistrato che gli consegna, in segno di omaggio, le chiavi della città. Terminata la cerimonia, il corteo si ricompone e sfila per le vie della città fra ali di folla plaudente.
Il giorno 14, si svolge il Palio vero e proprio. Presso il Campo sportivo, si svolgono gare cavalleresche fra i cavalieri in costume, in rapprsentanza dei quattro quartieri storici della città. La squadra che totalizzerà il maggior punteggio, vincerà il Palio, costituito dall'antica immagine della Madonna delle Vittorie, che verrà esposto, per tutto l'anno, presso la chiesa parrocchiale del rione vincitore.

Il Palio si svolge in 4 prove:

1 prova: Colpire con la mazza da gara, lo scudo del Saraceno
Ogni Cavaliere giostrante dovrà partire col cavallo lanciato al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara, seguendo un percorso prestabilito dovrà colpire il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno (un "pupo") con una mazza di legno, preventivamente inchiostrata. Il punteggio realizzato è ricavato dall’impronta lasciata dalla mazza nel bersaglio posto sul braccio del Saraceno; il punteggio in base al punto colpita varia da 2 a 20 pt.

2 prova: Colpire con la lancia da gara, lo scudo del Saraceno
Ogni Cavaliere giostrante dovrà partire col cavallo lanciato al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara, seguendo un percorso prestabilito dovrà colpire il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno con la lancia da gara, in resta, preventivamente inchiostrata. Il punteggio realizzato è ricavato dall’impronta lasciata dal gommino della lancia nel bersaglio posto sul braccio del Saraceno. Il punteggio realizzato è ricavato dall’impronta lasciata dalla mazza nel bersaglio posto sul braccio del Saraceno; il punteggio in base al punto colpita varia da 2 a 20 pt.

3 prova: Centrare e prendere con la lancia da gara un anello posto sul Saraceno
Ogni Cavaliere giostrante dovrà partire col cavallo lanciato al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara, seguendo un percorso prestabilito con la lancia da gara, in resta, dovrà centrare e prendere un anello sul quale, sono applicati dei nastrini colorati, per facilitarne la localizzazione. L’anello è posto sul braccio destro del Saraceno Il punteggio realizzato è ricavato dalla presa dell’anello.

4 prova: Lanciare un giavellotto attraverso un anello posto su una forca
Ogni Cavaliere giostrante dovrà partire col cavallo lanciato al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara, seguendo un percorso prestabilito dovrà lanciare il giavellotto da gara, e farlo passare attraverso un anello, pendente da una forca posta ad una altezza di metri 5. Il punteggio realizzato è ricavato dal fare oltrepassare il giavellotto attraverso l’anello.
Conclude la serata una sfilata con tutti i figuranti e con il quartiere vincitore che sfila per la città per riceve complimenti ed applausi.
 
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