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  Licata - Castello Sant'Angelo
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    Licata - Castello Sant'Angelo

    In gran parte ricostruito in epoca sveva sotto l'illuminato sovrano Federico II, nel 1274, per il suo armamento e per la sua numerosa guarnigione, figura classificato al terzo posto dopo quello di Palermo e di Siracusa. Nel 1393 ospitò per un intero mese il giovane sovrano aragonese Martino I, marito di Maria, che aveva dimorato nelle regie stanze del castello di Licata dal 30 Gennaio 1379 al 4 giugno 1381. I giovani sovrani soggiornarono ancora tra le mura del regio castello a mare nel 1400 ed in quella occasione, memori della fedeltà di Licata, riconobbero alla città numerosi privilegi. Nel 1418 Alfonso d'Aragona lo elevò alle elezioni delle supreme cariche del regno, destinando cioè alla sua direzione soltanto i nobili blasonati. II terremoto del 1542 provocò notevoli danni alla sua cortina di difesa. Altri seri danni il castello subì I'11 luglio 1553 quando venne assalito, espugnato e saccheggiato dal corsaro Dragut che annientò I'intera guarnigione, crocefisse il castellano Pompeo Grugno e deportò come schiavi i suoi figli Giovanni, Pompeo e Natalino. I danni vennero riparati nel 1559 per ordine del vicerè duca Giovanni La Cerda che dispose anche la costruzione di due nuovi bastioni e di un grande corpo di guardia. Ulteriori ampliamenti vennero fatti nel 1589 sotto il castellano don Giovanni La Nuza. Un terzo bastione venne edificato a partire dal 1610 e venne armato con ben 11 pezzi di artiglieria. Le opere di restauro e di ampliamento costarono ben 1600 onze d'oro. Nel 1811 dormì nel regio castello Francesco IV, duca di Modena, figlio di Maria Beatrice, ultima erede della famiglia d'Este. Sino al 1834 la millenaria fortezza fu annoverata dal governo borbonico tra le piazze militari di III classe ed in essa sino al 1848 fu mantenuto sempre un presidio di veterani. Dopo la restaurazione borbonica del 1849 i suoi superstiti cannoni furono trasferiti in altre roccaforti e parte, inchiodati, furono inabissati in mare. Da questo momento il castello cadde nel pieno abbandono. Solo una parte venne adibita a carcere prima e a canile comunale dopo, finchè un pò alla volta, per la costruzione del porto commerciale, dal 1872 al 1929 non venne raso completamente al suolo. La difesa della città di Licata sin dal 1360 venne affidata anche ad un secondo castello, detto Nuovo. Assediato e distrutto nel 1553, rimase per lungo tempo abbandonato.
    Nel 1604, acquistato dalla municipalità dalla nobile famiglia Grugno, fu trasformato, su progetto dell'ing. Orazio del Nobile, in "quartiere" per i soldati di fanteria della Comarca, cui Licata era a capo. Cessate le incursioni barbaresche, il baluardo venne smilitarizzato ed abbandonato. Già all'inizio del 1800 gran parte delle sue fabbriche erano crollate, finché nel 1897 non venne raso completamente al suolo. Un terzo castello venne costruito sul monte Sant'Angelo a difesa delle coste della città di Licata nel 1615 da Hernando de Petigno, comandante della cavalleria leggera del Regno di Sicilia, che utilizzò una preesistente torre d'avviso che in quel luogo era stata costruita su progetto dell'architetto Camillo Camilliani. II forte, che prese poi il nome dal colle Sant'Angelo che lo ha ospitato, è l'unica architettura militare superstite a Licata. Dopo vari restauri è stato riportato alla sua veste originaria e sarà destinato ad antiquarium della zona archeologica che lo circonda. Nel 1856, per interessamento del re di Napoli, fu adibito a telegrafo ottico ad esclusivo uso del governo, finché dopo la seconda guerra mondiale non venne destinato a stazione metereologica gestita dalla Aeronautica Militare. A guardia dei luoghi costieri che potevano essere scelti come ricovero dai navigli corsari e soprattutto dai Turchi che tanto infesti furono alla Sicilia e alla città di Licata dal XVI al XIX secolo, vennero costruite numerose torri di avvistamento che avevano il compito di segnalare, col fumo di giorno e con il fuoco di notte, le navi nemiche e facevano parte di quel circuito difensivo di cui si dotò la Sicilia già dall'inizio del XVI secolo. Per la loro difesa, queste torri, avevano un'organico di tre soldati, di cui uno a cavallo. Grazie ad un pozzo d'acqua incluso nel manufatto e all'impossibilità di accedere al fortilizio se non con una scala mobile, queste torri erano autosufficienti per diversi giorni. Di questi baluardi solo due restano ancora in piedi, una, di pianta circolare, appartenuta alla famiglia Grugno, si erge a guardia della marina di Gaffe, l'altra, di pianta ottagonale ed in cattivo stato di conservazione, guarda ancora le piccole cale della spiaggia di S. Nicola, dalla quale prende il nome.
     
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